Il Crocifisso attribuito a Simone Martini
Durante il Medioevo si andarono diffondendo due principali modelli di raffigurazione del Cristo: il Christus triumphans in cui è sottolineata la vittoria sulla morte e il Christus patiens, dove è accennata la sofferenza provocata dalla passione.
In quest’opera è stato scelto il modello del Christus patiens, il cui volto tuttavia non manifesta lo strazio e il dolore della crocifissione, ma trasmette un senso di silenziosa accettazione della sofferenza, consapevole della sua missione redentrice.
Attribuito a Simone Martini (tale attribuzione è avallata da stampigliature nell’oro caratteristiche dell’opera dell’artista) e realizzato intorno al 1330, prima della sua partenza per Avignone, segue lo stile gotico, caratterizzato dallo slancio e dall’eleganza della figura, come si può notare dal particolare del perizoma: un drappo trasparente finemente ricamato.
La resa scrupolosa dei dettagli anatomici rimanda inoltre ad una conoscenza di Giotto, da lui conosciuto durante il suo lavoro ad Assisi nella Cappella di San Martino.
Alcuni critici, dopo il ritrovamento di un pagamento a Simone Martini per la realizzazione di un crocifisso per la Cappella dei Nove nel Palazzo Comunale di Siena, ritengono che questo sia quel crocifisso. Altri invece propendono per un lavoro originale commissionato dai domenicani di Santa Maria Novella, probabilmente trasferito in questa chiesa nei secoli successivi in seguito al cambiamento del gusto artistico.
I due dolenti, San Giovanni a destra e la Madonna a sinistra, non sono della medesima mano e realizzati da allievi.
BIOGRAFIA DI SIMONE MARTINI (Siena 1284-Avignone 1344)
Formatosi alla bottega di Duccio da Boninsegna condivide con Giotto la fama di massimo esponente della pittura italiana del ‘300. Durante il tirocinio lavora col maestro alle parti marginali della grande Maestà del Duomo di Siena.
L’opera più antica firmata da Simone Martini è la Maestà nel palazzo pubblico di Siena affrescata nel 1315, che unisce allo spirito gotico i delicati preziosismi della pittura francese del tempo appresi attraverso la conoscenza di miniature, oreficerie e avori che dall’Ile-de-France arrivano in Italia.
Nel 1317 è a Napoli alla corte di Roberto d’Angiò che gli conferisce il titolo di “miles” (cavaliere). In questa città dipinge la grande pala di San Luigi di Tolosa mentre incorona Re Roberto (Museo di Capodimonte), santo francescano fratello del Re, canonizzato proprio nel 1317.
Simone Martini non resta estraneo alle innovazioni spaziali di Giotto e unisce il gusto toscano allo spirito gotico d’oltralpe.
È importante notare come il Martini nelle sue opere dia risalto alla definizione dello spazio attraverso le architetture, seguendo e perfezionando gli insegnamenti giotteschi uniti magistralmente ad una raffinata rappresentazione del lusso di origine francese, definendo gli schemi per quello stile denominato “gotico internazionale”. La più perfetta fusione dei due stili la possiamo trovare nel ciclo di affreschi nella cappella di San Martino nella Chiesa inferiore di Assisi, per la quale disegnò anche le vetrate.
Del 1328 sono il grande affresco di Guido Ricci da Fogliano nella sala del Mappamondo nel Palazzo Pubblico di Siena, e il polittico del beato Agostino Novello (Siena, Sant’Agostino).
Nel 1333 dipinge assieme al cognato Lippo Memmi la Grande Annunciazione con Santi (Uffizi), di cui la parte centrale si attribuisce a Simone e quelle laterali al Memmi.
Nel 1335-36 si trasferisce alla Corte Pontificia di Avignone e la sua presenza sarà di fondamentale importanza per la diffusione in Europa della cultura gotico senese. In Provenza affresca i portali di Notre-Dame des Doms, oggi in gran parte scomparsi anche se ne rimangono le straordinarie sinopie, e si dedica alla miniatura decorando un manoscritto virgiliano appartenente a Petrarca.
Dal 1336 iniziano gli anni della concorrenza del Lorenzetti, ma la produzione pittorica senese dopo la morte di Simone continuerà per molti anni ad essere fortemente influenzata dagli insegnamenti del grande maestro.